Il mito di Diana e Atteone è uno dei più conosciuti e rappresentati nella storia dell’arte. Gli esempi in tal senso sono davvero tantissimi (e ve ne parlerò più avanti) ma partono tutti da una fonte comune, ovvero Le Metamorfosi di Ovidio. Questo testo classico latino rappresenta una sorta di enciclopedia del mito con un preciso filo conduttore: tutti i protagonisti delle storie vengono trasformati in qualcos’altro, o per propria scelta, o più diffusamente per punizione divina, e il finale è quasi sempre tragico. E la storia di Diana e Atteone non fa di certo eccezione.
Il mito di Diana e Atteone
Ma chi sono Diana e Atteone? Consciamo meglio i protagonisti della nostra storia.
Diana (nome latino di Artemide) è la dea della caccia, oltre che della luna e della verginità. Figlia di Giove e sorella gemella di Apollo, è simbolo di purezza, protettrice degli animali e delle donne alle quali favorisce parti meno dolorosi. Diana quindi è una divinità piuttosto importante nel panteon latino, molto potente ma anche piuttosto vendicativa (come vedremo tra poco). Non ama la vita mondana e i banchetti ai quali solitamente partecipano gli altri dei e preferisce trascorrere il proprio tempo nei suoi amati boschi, lontana dal caos e vicina alla natura. E come darle torto! Un giorno, stanca per la caccia, mentre si trova in una valle “fitta di abeti e di aguzzi cipressi” decide di fare un bagno in una fonte di acqua limpidissima, circondata da una siepe erbosa. Consegna le armi alle sue ninfe, si spoglia e si immerge. E proprio in questo momento fa il suo ingresso Atteone.
Atteone è un giovane cacciatore che insieme a un gruppo di amici si avventura per il bosco. Ad un certo punto si separa dal gruppo e inizia a vagare casualmente, fino a quando giunge proprio davanti al recinto sacro. Le ninfe si affrettano a coprire con il proprio corpo quello di Diana, ma con scarsi risultati visto che Diana, essendo una dea, è molto più alta. Il povero Atteone, seppure involontariamente, ha visto la dea completamente nuda e ha profanato così la sua purezza. E per tale ragione deve essere punito. Diana prende l’acqua della fonte, la versa sul capo di Atteone e gli lancia una maledizione:
“Ora ti è lecito narrare di avermi vista senza veli, se lo potrai». E senza pronunziare altre parole minacciose fa spuntare sul capo bagnato le corna di un cervo dalla lunga vita, gli fa allungare il collo e gli rende aguzze le orecchie; gli trasforma le mani in piedi e le braccia in lunghe gambe, coprendogli il corpo di un vello screziato; per di più lo rende pauroso.”
Atteone quindi si trasforma in un cervo e comincia a correre impaurito, fino a quando viene sorpreso dai sui stessi cani che, scambiandolo per una preda, lo azzannano. Il racconto di Ovidio è molto dettagliato: oltre a elencarci i nomi dei cani con le rispettive caratteristiche, ci mette di fronte al dolore e alla sofferenza di Atteone che, impotente, assiste alla sua stessa morte senza potere rivelare a nessuno la verità.
La fontana di Diana e Atteone nella Reggia di Caserta
Nella parte più alta del giardino della Reggia di Caserta, proprio ai piedi della cascata che alimenta il corso d’acqua lungo 3 km, si trova la bellissima fontana dedicata proprio al mito di Diana e Atteone.
Sulla destra vediamo Diana nel momento in cui viene vista da Atteone. Attorno a lei le ninfe, piuttosto preoccupate, che cercano di coprire il suo corpo che è decisamente molto più alto.
Sulla sinistra invece vediamo Atteone, con il corpo ancora umano ma la testa di cervo, circondato dai suoi cani che iniziano a sbranarlo.
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L’intera fontana è piuttosto scenografica e rappresenta il giusto premio per coloro che con tanta fatica hanno percorso l’intero viale a piedi per arrivare fin quassù. Già la si intravede dal basso, all’inizio del viale, anche se il gioco di prospettiva la fa sembrare molto più vicina di quanto in realtà non sia. Se invece date le spalle alla fontana potete ammirare tutto il giardino e la reggia con un solo sguardo.
Ma perché collocare una fontana con tale simbologia proprio qui? Il motivo è molto semplice: sia Carlo III (il re che ha commissionato la reggia) che la moglie Maria Amalia avevano una grande passione per la caccia. La fontana dunque celebra questa grande passione e viene appositamente collocata nel punto più alto, che allo stesso tempo è punto di confine tra la reggia e il bosco.
Il mito di Diana e Atteone nelle opere d’arte
Come vi ho anticipato precedentemente, questo mito è stato parecchio rappresentato nella storia dell’arte. Io l’ho scoperto grazie a una metopa del tempio E di Selinunte, che oggi si trova al Museo Salinas di Palermo.
Tra le rappresentazioni più celebri c’è quella fatta da Parmigianino con gli affreschi nella Stufetta di Diana e Atteone della Rocca Sanvitale a Fontanellato: in questo ciclo l’autore ci racconta la trasformazione e la morte crudele di Atteone. Tiziano invece ci mostra il momento del bagno e l’arrivo involontario di Atteone. La pittrice Frida Kahlo invece ha tratto spunto dal mito per realizzare un dipinto di un cervo trafitto da diverse frecce con il suo volto.
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